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8 feb 2017

MAI DIRE REUNION - IV POSIZIONE - I VENOM E "IL RITORNO DEL MONNEZZA"



A questo punto si pone un dubbio. Qual'è l'elemento minimo dei già minimali Venom? La radice minima a cui riattingere per ottenere di nuovo la pianta malefica di "Black Metal"? Oltre che un tentativo con un senso commerciale, è anche una prova con un intrinseco valore conoscitivo. Prova per esempio Cronos da solo, con il risultato di quelle scene comiche in cui uno esce dall'auto per cadere in un tombino. “Calm before the storm”, un disco in verità mai ricordato, anche perché tolse definitivamente un dente ormai solo dolente.

I Venom dopo Black Metal, checché ne dicano le infinite retrospettive, non avevano soddisfatto le aspettative, non avevano neanche ripetuto se stessi, avevano – se mai – ripetuto la confusione insufficiente di "Welcome to Hell". Quindi tutti aspettavano un bel flop per dimenticarsene. Anche perché, all'epoca di "Reign in Blood", la scusa che per essere cattivi tocca essere anche rozzi e pressappochisti negli arrangiamenti cade. Gli Slayer propongono un'aggressività chirurgica, che strizza e distorce le componenti tecniche, anziché minimizzarle. Una delle evoluzioni possibili sarebbe stata, in effetti, quella ad un thrash più organizzato e arioso, ipotizzabile se si ascoltano brani come "Nightmare" o "Seven Gates of Hell". Ipotizzabile, perché si tratta di promesse incompiute. Quando Cronos prova, con un certo successo, un piglio più teatrale e articolato nel cantato, va quasi a cappella, perché ,sotto, le invenzioni della sezione ritmica sono minime o assenti. Quando Mantas trovava un riff ci si asserragliava dietro e solo dopo lunghe trattative poteva concedere qualche nota di variazione.
Con questo spirito i Venom, sciolti per 2/3 già prima del 1987, si sciolgono completamente in quell'anno con un fuoco fatuo. Passano pochi anni ed eccoli riarrivare con un giro di carte. Stavolta Mantas e Abaddon, senza Cronos.

Per me, storicamente, quella fu LA reunion dei Venom. Con poco entusiasmo perché per me la maschera dei Venom era Cronos, e anche perché, senza essere ancora riuscito ad ascoltare "At War With Satan" e "Possessed" (vinili introvabili in una città di piccole-medie dimensioni), "Calm Before The Storm" rimaneva un miraggio: in realtà ce n'era una copia invenduta, ma non la compravo per poter vivere nell'illusione che fosse un gioiello nero talmente impensabile, da non dover mai essere verificato (come una divinità lovecraftiana). Molto più banalmente, ne avevo letto la recensione negativa, e sapevo che comunque cadeva già fuori dalla discografia della formazione storica. Se Cronos da solo aveva fallito dunque, cosa aspettarsi dagli altri due? Proprio per questo paradosso dell'aspettativa, comprai invece a scatola chiusa “Prime Evil”.
Un disco decisamente ameno. Anelli di congiunzione con la precedente storia dei Venom? "Skool Daze", brano insulso su un liceale che si tromba l'insegnante, capitolo secondo di “Teachers Pet”. Il disco inizia con un rumore misterioso, che viene dal lontano, un sibilo, seguito poi da una linea di basso...il mistero si infittisce. Entra la chitarra di Mantas, con un suono bello corposo e tagliente. Un banale suono metal alla Judas Priest che per quanto mi riguarda avrebbe donato a più di un brano dei Venom, all'epoca scartato per timbri più sporchi o sordi. Il trucco? Semplice: aver preso un altro chitarrista, tale Al Barnes.
Tempo dopo mi resi conto che quel misterioso suono di introduzione altro non era che un fax. Il “male primordiale” ritorna da noi faxandoci la sua ultima incarnazione....una suggestione talmente demenziale da essere simpatica.
Dopo di che il brano esplode con tutti i muscoli, con piglio metalmeccanico come da tradizione anglosassone, e regge bene. Al posto dell'aggressività di Cronos, sempre in bilico tra Satana e maialate, occultismi selvaggi e scorribande a base di droghe, “er massimo d' ambigguo” come direbbe Verdone – troviamo il buon Tony Dolan, che ne imita anche alcune caratteristiche di pronuncia, ma è più serioso e stabile. Più professionale, si direbbe. Cadono un po' le palle a leggere che il nostro vuole essere chiamato “The demolition man”, roba da wrestling. Nel retro o interno copertina lo vediamo ritratto, in divisa da alpinista (o meglio con un minimale zuccotto) mentre affronta un crepaccio (o meglio quello che sembra l'ingresso di una cantina e che si poteva tranquillamente fare a piedi). E pensare che sulla copertina c'è una specie di testa di capro in versione egiziana, con un ideogramma.
I titoli delle canzoni forse ci chiariscono un attimo l'idea di fondo di questo ritorno dell'89? Un demone misterioso che -sollecitato da un messaggio fax - emerge dalla cantina di una baita alpina dove un egittologo lo aveva custodito per anni dopo averlo sottratto ad una piramide? No perché alcuni film horror hanno trame del genere...quindi tutto è possibile.
Sembra, quindi, quando apri una scatola di giochi e rovesci tutto sul pavimento: ci trovi un po' di tutto, un robot, pezzi di puzzle, un domino, un mostro alieno, etc..
Il disco invece non è malaccio. Power-thrash, effetti speciali di grana grossa, muscoloso e ben retto dalla voce di Dolan. Liricamente, e stilisticamente, gira in tondo, non va da nessuna parte. Eppure ha le atmosfere di un horror di serie B, quel tanto di malsano, di già saputo ma di sempre gradito, e un grado di immedesimazione. Mi piace perfino la cover dei Black Sabbath (Megalomania).
Poteva essere un Venom 2.0. Poi invece i Venom senza Cronos affondarono nelle paludi di un thrash monotono, ciabattante, precotto. Anzi, lesso. Si risciolgono. A questo punto i Venom diventano, come altri gruppi anche, un'etichetta da resuscitare ad ogni giro. Senza rinunciare al gancio storico, tanto è vero che in un caso si va su titoli come “Scolpiti nella pietra” e “Resurrezione”, mentre nel secondo caso addirittura si va sul gioco di parole su se stessi (Metal Black).

L'effetto è quello de “Il ritorno del Monnezza” (2005), il film di Carlo Vanzina che doveva essere la versione aggiornata delle avventure del personaggio che fu di Tomas Milian. Il primo punto del film è che il personaggio del poliziotto ex ladro dai modi coatti, quello di Milian, semplicemente non si chiamava affatto “Monnezza”, ma era il maresciallo Nico Giraldi (er Pirata). Monnezza era un altro personaggio (per esser precisi, alti due distinti tra loro). Allo stesso modo Cronos ci ha propinato il marchio Venom con stili di tanti tipi, ma mai che avessero a che fare con la formula originaria. E le vecchie formule, o si riesce a farle funzionare ancora, che non è un obbligo, o diventano palloni sgonfi, battute telefonate.
Si pensi che uno degli spunti comici de “il ritorno del Monnezza” è che i superiori si risentano del linguaggio sboccato (pochissimo) del personaggio...roba che nella versione originale faceva ridere così com'era, proprio perché era insistita ma non ribadita. Cioè una cosa, se entra bene, se funziona, la puoi usare anche esagerando, ma non hai bisogno di indicarla, di sottolinearla. Lo stesso è accaduto all'aggressività dei Venom: ora ce l'annunciano, altrimenti poi rischiamo di non esserne colpiti. Quando arriva poi non gli somiglia neanche. Venom 3.0? No, troppo lontani nel tempo, troppo insistito il riferimento storico per potersi soddisfare poi di un nulla di raccordo, e troppo fastidiosa la supponenza del richiamo ad un'identità che non è stata mai più recuperata, né ridefinita.

I Venom rimangono, come già detto in un altro articolo, il gruppo di "Black Metal" e una manciata di altri brani, con il pregio di avere aperto uno squarcio di futuro, colmato poi da altri a venire. Se poi volete dedicarvi alle gesta del gruppo di “Metal Black”, allora vi piaceranno anche le battute per famiglie de “Il ritorno der Monnezza”.
Personalmente, tanto vale riascoltarsi gli eccessi di "Black Metal", con Cronos che rantolava a ogni curva (senza motivo), l'equivalente (erano anche gli stessi anni) di Tomas Milian che gigioneggiava con battute del tipo “Devo dì che io quando m'encazzo m'encazzo, cazzo! Ma pure tu quando t'encazzi t'encazzi, cazzo si t'encazzi , cazzo!".

Per il resto la "calma prima del temporale" non è più finita, e neanche ci siamo potuti godere, leopardianamente, una degna quiete dopo la tempesta di "Black Metal".

A cura del Dottore