"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

9 mar 2016

IO NON C'ERO - LIVE SANCTUARY (ROCK HARD FESTIVAL 2015)


…e tre! Chiudiamo il cerchio che ha visto Metal Mirror focalizzare la sua attenzione, nelle ultime settimane, sui grandissimi Sanctuary.
Dopo averne ricordato le gesta che li videro protagonisti nella seconda metà degli anni ottanta, e averne descritto il capitolo in studio della reunion, ci soffermiamo oggi sulla prestazione live che i Nostri hanno offerto nel maggio del 2015 al Rock Hard Festival di Gelsenkirchen, un’edizione che prevedeva la partecipazione di altri mostri sacri del Metallo, come Kreator, Over Kill e Venom.

A cura di Morningrise

Di primo acchito, sono stati due gli elementi che mi hanno colpito.

Innanzitutto il look di Dane, davvero particolarissimo (e a dir poco spiazzante): cappello da scalcinato cow-boy, gualcito e "color vomito", eyeliner sulle ciglia, mezzi-guanti con unghia smaltata di nero, lungo pizzo a treccia (a-la-Kerry-King, tanto per intenderci ma molto più corto e sfigato), improbabile giacca nera, dalle maniche troppo lunghe, chiusa da dei…lucchetti (al posto dei bottoni)! 
Nel complesso, i suoi 46 anni non mi sono parsi portati benissimo. Sarà il viso, molto gonfio, e quindi quasi deformato, dalla pelle “plasticosa”, innaturalmente liscia…non è che Warrell si è dato al botulino??!! Vabbeh…sorvoliamo, la cosa non ci disturba più di tanto…

La seconda cosa che mi ha lasciato interdetto è stata l’assenza di Dave Hull, secondo chitarrista che, in studio, aveva preso il posto di Sean Blosl. La sorpresa è stata in questo caso piacevole perché sul palco si è esibito Nick Cordle, talentuoso 29 enne, ex-ascia degli Arch Enemy (lì sostituito da...Jeff Loomis! Tanto per mantenere tutto in famiglia...). ed è ufficiale: Nick è d'ora in poi la seconda chitarra dei Sanctuary.

I primi 23 minuti dicono già molto dei Sanctuary 2.0: 5 brani, due nuovi e tre vecchi. La band, comprensibilmente, parte con le due tracce che corrispondono all’incipit dell’ultimo “The Year the Sun Died”. E quello che si denota, ascoltando poi i tre brani successivi, è che Warrell è molto più a suo agio coi nuovi pezzi, dove, pur non brillando particolarmente, riesce a tirar fuori interpretazioni accalorate e ficcanti. La voce mostra un po’ la corda, ahimè, sui vecchi, quando il necessario falsetto non regge più e il Nostro si arrangia come può, col mestiere, con la teatralità che da sempre lo accompagna, variando tipologia di voce a più riprese (anche quando lo spartito non lo richiederebbe). 
Peraltro questo è un accorgimento che Dane adotterà più o meno per tutta la durata del live, con risultati alterni. La voce a tratti sembra cedere totalmente (ad esempio in “Frozen”) per poi risalire potente e trascinante, ma lasciandosi dietro un retrogusto di imperfezione che deteriora il “prodotto” finale. Ma siamo pur sempre dal vivo e certe cose ci stanno.

Peraltro va sottolineato che la band comunque fa un figurone, con tutti e quattro gli altri musicisti che ci danno dentro senza sbavature tecniche e dimostrando classe e qualità da vendere. In primis proprio il giovane Cordle che in più di un’occasione ruba la scena al veterano Rutledge, in termini di assoli e virtuosismi assortiti. Lenny coi suoi 51 anni suonati, si limita a svolgere il suo, facendo spesso da spalla al baldo Nick, il quale pare trovarsi meravigliosamente a suo agio sia nei pezzi recenti che in quelli più datati (vedere “Season of Destruction” per credere). 
Altra nota di merito per Budbill alla batteria, davvero un valore aggiunto per il sound dei Nostri.

La setlist è tutto sommato omogenea e logica nel suo svolgersi: parte iniziale e centrale con molti nuovi brani (lasciate colpevolmente fuori, anche se comprensibilmente, le bellissime “The World Is Wired” e “The Dying Age” per mettere dentro qualche pezzo dal tiro più immediato e coinvolgente), per poi chiudere con quello che tutti i fan si aspettavano: i due cavalli di battaglia “Future Tense” e “Taste Revenge”, prime due songs di “Into the Mirror Black”, nelle quali purtroppo, nonostante qualche effetto e riverbero sulla voce, Dane non riesce a fornire una prova del tutto sufficiente (a tratti è costretto a utilizzare un “parlato” al posto del falsetto, perché proprio l’ugola pare non arrivarci!)

Ad ogni modo, nonostante i difetti su esposti, e senza chiedere di rinnovare una magia lontana 25 anni, ciò che rimane è un’ora di grande musica. E sentiamo quindi di consigliarne la visione a tutti gli amanti del Santuario!

Setlist:

Arise and Purify
Let the Serpent Follow Me
Season of Destruction
Die for my Sins
Battle Angels
Exitium
Question Existence Fading
Frozen
The Year the Sun Died
Future Tense
Taste Revenge

Per vedere il concerto clicca su Iononcero/Sanctuary