"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

17 feb 2016

RECENSIONE: ALTAR OF PLAGUES "MAMMAL"




Siete tutti colpevoli! Perché nessuno mi ha detto che "Mammal" è un disco bellissimo? Lo so che è stato ben recensito, ma perché nessuno mi ha chiamato a casa per dirmelo? Perché non è sulle prime pagine dei giornali? O in promozione al supermercato e negli autogrill? Faccio io un servizio per la comunità: questo disco è da avere al più presto per tutti! 
Il black metal nella mia vita ha sempre avuto un posto di riguardo, per anni posso dire di essere cresciuto con i (rari) cambi di tempo di Burzum e i brividi ancora mi percorrono la schiena con certe soluzioni stilistiche. Evidente che gli Altar of Plagues hanno proprio il signor Vikernes come punto di riferimento, però mi hanno colpito subito alcuni tipi di sonorità e di arrangiamenti di questo gruppo irlandese.
Lo spessore del suono in questo disco è prettamente post rock, come se i vicini scozzesi Mogwai si fossero fusi con la Norvegia del Conte.

Ieri ero alla presentazione di un libro di poesie (ebbene sì, esistono ancora nda) e, nella noia generale, un relatore ha chiesto al pubblico: quale è il vostro paesaggio dell'anima? Come lo evocate se non con la poesia? 
Questa frase mi ha spinto a riflettere e a tirare fuori dalla collezione "Mammal", perché rappresenta un paesaggio malinconico interiore che volevo evocare. Attenzione a non confondere la malinconia con la depressione, infatti se una cosa non condivido nella generale definizione di questo album è l'etichetta di depressive black metal. In questo caso io ascolto un album che evoca paesaggi invernali, nebbia soffusa con figure sfocate, malinconia data dalla stagione atmosferica, ma non è la depressione il dato rilevante di questo sound.

Le lunghe composizioni sono quattro, arrivano quasi ad un'ora di musica e non annoiano mai. Soprattutto non perdono il filo conduttore, mantengono una coerenza che permette di evocare proprio il paesaggio dell'anima. Il mio ad esempio si riflette nel mare, ma un oceano non solare bensì sempre in movimento e talvolta sotto un cielo cupo.
Ecco che gli Altar of Plagues lo evocano in ogni sparata black, in ogni momento riflessivo, in ogni urlo disperato... La lezione dei Neurosis emerge spesso, ma a me colpisce la melodia di questo album.
Può sembrare paradossale, ma negli stessi gruppi di punta del genere (Agalloch o Wolves In The Throne Room) non trovo questo stesso gusto delicato. Avete mai provato a guardare il mare d'inverno ed ascoltare le note di questo disco? Affrettatevi a farlo, siete ancora in tempo...

Voto: 7/8
Canzone top: "Neptune is dead"
Momento top: la parte centrale di "Feather and Bone"
Canzone flop: "When The Sun Drowns in the Ocean"
Anno 2011
4 canzoni, 51 minuti
Etichetta: Candlelight Records