"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

28 nov 2015

REVISIONISMO STORICO: I MORBID ANGEL DELL'ERA TUCKER (parte prima)


Corre voce che dal quinto album in poi i Morbid Angel abbiano iniziato a decadere. Ovvio che il passaggio di staffetta fra lo storico front-man David Vincent e il suo sostituto Steve Tucker abbia simbolicamente rappresentato lo spartiacque fra il Mito e la Merda. Il metal è del resto lapidario nel definire cosa è bello e cosa è brutto: a volte non sembrano esserci sfumature nel metal, o è tutto bianco o tutto nero. Rivolevamo David Vincent e l’abbiamo riavuto, ma a che prezzo! Un album ignobile come “Illud Divinum Insanus” ci deve far ricredere sul reale potenziale dei lavori con Tucker, che erano assai meglio. Date retta ad uno scemo: Formulas Fatal to the Flesh” è un capolavoro!

Anno 1996David Vincent è uscito dal gruppo. Vincent ha una bellissima moglie con cui esercita pratiche sadomaso, dettaglio che non è un inutile gossip, ma parte integrante del progetto artistico condiviso con la compagna stessa, i Genitortures: non altro che uno squallida banducola dedita ad uno scialbo industrial-rock sulla falsa riga di quanto fatto all’epoca da Marylin Manson e White Zombie. Ovvio che la cosa migliore offerta dall’operazione fu proprio la prestanza scenica della moglie di Vincent, il quale, prima di bersi definitivamente il cervello, era stato il front-man carismatico dei Morbid Angel, inventore di un growl che ha fatto scuola, compositore attivo e anima satanica della band. Gli album nei quali il nostro ha militato hanno letteralmente segnato la storia del death metalmica noccioline!

E così David Vincent esce di scena, ma nessuno trema per la fine dei Morbid Angel, al cui timone siede saldamente il leader fondatore Trey Azagthoth, coadiuvato dal sodale Pete Sandoval, una sicurezza dietro alle pelli (e soprattutto alla doppia-cassa!). A completare il trio arriva lo sconosciuto Steve Tucker, di qualche anno più giovane dei compari, chiamato a sostituire sia al microfono che al basso il mitico David Vincent. Un’impresa impossibile per chiunque, ma ancor più impossibile per uno come Tucker, vero Signor Nessuno che non ha né una storia né una timbrica particolare da offrire in pasto ai fan. I quali, ovviamente, reclameranno a gran voce l’ex cantante.   

Formulas Fatal to the Flesh” viene rilasciato nel 1998, ma è pressoché criticato da tutti. Esso presenta un sound più brutale ed approssimativo di quello del predecessore “Domination”, che di contro era stato l’album più sperimentale dei Morbid Angel (in esso, oltre ad inedite dosi di melodia, iniziavano a trapelare quelle pulsioni industriali che avrebbero preso portato Vincent altrove). L’attacco dell’opener “Having Earth” non è affatto incoraggiante: una sparata assai anonima dove i suoni son confusi e la voce pastosa di Tucker è un borbottio quasi infastidente. Il growl ben articolato ed imponente di Vincent, che nelle ultime prove si era pure messo a recitare in pulito, sono sicuramente uno scomodo confronto per uno che quando canta sembra che gli abbiano scaricato un estintore di panna montata in bocca.

Ma è solo l’impressione di un attimo, poiché l’album mostrerà le sue carte vincenti man mano che si procederà con l’ascolto, grazie anche ad un songwriting decisamente ispirato. L’assenza di Vincent permette all’ego esuberante di Azagthoth di esprimersi senza più limiti: basta con la fica, basta con Satana, solo videogiochi e Sumeri! Dunque testi impronunciabili, riff contorti e solismi astrusi, il tutto condotto dal maestro Sandoval, spietato a tratti, incespicante in altri, perfetto contraltare all’estro visionario del chitarrista. Se Morbid Angel significa brutalità melmosa, atmosfere sinistre e senso dell’abisso, “FFF” ne è sicuramente una degna rappresentazione.

La doomeggiante “Nothing is Not”, la sparatissima “Hellspawn: The Rebirth” e i quasi dieci minuti di “Invocation of the Continual One” (con parti quasi hard-rock!!) sono i picchi di un lavoro di indubbio spessore che guadagna rispetto ascolto dopo ascolto. Tre inutili brevi strumentali (fra cui un paio di batteria!) buttate alla cazzo di cane in fondo al disco non fanno che aumentare quella sensazione di assurdità che ispira tutto l’album e che è magistralmente resa dall’allucinante copertina.

I responsi purtroppo non saranno quelli attesi. “Ma comeee? Scrivo il mio lavoro più bello di sempre e voi lo snobbateee?”, replicherà stizzito Azagthoth innanzi alle poco entusiastiche recensioni. All'epoca un'esternazione del genere poteva sembrare il delirio di un folle sradicato dalla realtà, ma in effetti qualcosa di misterioso pulsava dalle viscere di quell'essere informe che era l'ultimo parto discografico dei Morbid Angel. Si respirava aria di "Bleessed are the Sick", di peste nera, di feccia soprannaturale, di miasmi malefici tradotti in colate laviche di metallo fumante. 

La cosa strana è che qualche anno più tardi tutti celebreranno le gesta dei Nile, che a guardar bene non sono altro che i Morbid Angel in versione egiziana: la maggior parte delle intuizioni di Karl Sanders e soci è infatti contenuta in quel “FFF” che invece dell’Egitto aveva come centro tematico la mitologia sumera (in ottica squisitamente lovecraftiana) da sempre grande passione di Azagthoth.

Concludiamo questa prima parte sostenendo a gran voce che, lungi dal costituire un passo falso, "FFF" portava in sé dei semi destinati a germogliare nel mondo del death-metal e del post-death metal: quelle architetture contorte ed imprevedibili, quegli impasti sonori indefiniti, quelle indomite energie di brutalità visionaria dovevano solo essere governate, Il motore doveva solo essere rodato un altro po'...

Fine della prima parte