"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

18 set 2015

L.A. GUNS: L'ALTRA META' DELLO SLEAZE METAL



I 10 MIGLIORI ALBUM GLAM METAL

CAPITOLO 9: “L.A. GUNS” (04/01/1988)

Nel suo splendido post sui Jesu, il nostro Mementomori aveva correttamente scritto che quando con un disco totalmente innovativo viene inventato uno stile musicale, esso diventa “genere” solo quando la sua formula diviene replicabile.
Se partiamo da quest’assunto, allora possiamo valutare davvero “Appetite For Destruction” dei Guns n’ Roses il primo disco Sleaze Metal della Storia. 
Sleaze Metal che, per le caratteristiche intrinseche che abbiamo già evidenziato nel nostro precedente post, può essere legittimamente considerato un sotto-genere del Glam Metal.

A cura di Morningrise

Se lo stile era quindi stato lanciato, è altrettanto vero che il genere non si affermò con la seconda uscita della band di Axl&Slash. Infatti “Lies”, la loro seconda release in studio, venne pubblicato solo a fine novembre 1988 e in realtà non era un full-lenght vero e proprio, dato che la prima metà del disco (quella delle “Pistole”, la parte dura) era una ripresa di vecchie canzoni apparse nell’EP Live “Like a suicide” (licenziato in vinile prima di AFD, a fine 1986); mentre la seconda parte (quella delle “Rose”, la parte morbida) era composta esclusivamente da pezzi acustici.

Ecco perchè il disco della consacrazione dello Street/Sleaze Metal va ricercato altrove.

E lo possiamo trovare nella discografia di quella che si può a buon diritto etichettare come l’altra metà dei Guns n’Roses, e cioè i L.A. Guns del chitarrista Tracii Guns, col quale Axl stesso collaborò sia nei primi mesi di vita della prima incarnazione della band californiana (stavolta sì, Tracii era nato proprio a Los Angeles!), sia successivamente quando entrambi decisero di lanciarsi nell’avventura Guns n’ Roses (il cui monicker derivò proprio dalla fusione dei nomi degli L.A. Guns e degli Hollywood Rose, la prima band creata nel 1984 da Axl) e dai quali Guns fuoriuscì dopo appena un paio di mesi dopo esservi entrato.

Breve ma importante divagazione: tutta la critica musicale considera come co-progenitrice del sottogenere un’altra band losangeliana dell’epoca, i Faster Pussycat, che con il loro omonimo debut album, pubblicato in contemporanea ad AFD (luglio 1987), riscossero un enorme successo. 
Io non sono del tutto d’accordo con questo parere. Se da un lato la band di quel pazzoide di Taime Downe aveva molti punti di contatto con i Gn'R, sia nella musica che nel look, dall’altro “Faster Pussycat” è sì un ottimo album, carico, dinamico, tagliente e trascinante, ma a differenza dei debutti delle due band “gemelle” (GNR e L.A. Guns appunto) era ancora troppo legato sia all’onnipresente eredità degli Aerosmith, che, soprattutto, al “classico” Glam metal portato in auge dalle top band della decade (Motley Crue, W.A.S.P. e Poison su tutti). 
E, come detto proprio alla fine del post sui Poison, nella nostra analisi del Glam Metal ottantiano stiamo cercando di analizzare ulteriori aspetti musicali del Movimento, sottolineando linee evolutive diverse e aspetti originali innestati sulla canonica base glam.

Proprio “L.A Guns”, a differenza di "Faster Pussycat", è un album che risponde perfettamente ai requisiti da noi ricercati.

Certo, le similitudini con AFD sono tante, a partire da un approccio ruvido, “sporco” e maleducato, molto street, appunto. E del resto non avremmo parlato all’inizio del post di “affermazione del genere” e di “replicabilità della formula” se tali similitudini non ci fossero state.

Ma la band di Tracii Guns va un po’ oltre, o per meglio dire, va un po’…indietro! E cioè riporta al centro delle composizioni una minimalità e un’essenzialità che nei Guns, ad esempio, si era vista solo a tratti (prediligendo questi ultimi canzoni più curate, elaborate e variegate). 
La rabbia e la cattiveria espressa da AFD, su LAG viene riproposta in una forma più scarna e volgare ma, se possibile, con un’essenza più feroce, sanguigna, “lurida”.

Ma andiamo in ordine: una copertina meravigliosa fa da presentazione a uno scrigno contenente gli 11 pezzi del platter, che si aprono con un trittico da infarto: “No mercy” (un titolo, un programma…), la sensazionale “Sex action” e “One more reason”. In tutto dieci minuti scarsi di esplosione metallica, essenziali e annichilenti; probabilmente quanto di più pericoloso il Glam potesse ancora esprimere alla fine di questa magica decade. Una pericolosità che si basava su una violenza post-punk raramente riscontrata in precedenza e in cui le caratteristiche tematiche glam (alcool, sesso, droga) sono buttate in faccia all’ascoltatore in modo duro e crudo.

A questo punto non posso non soffermarmi su Phil Lewis, cantante londinese già frontman dei Girl (seminale band britannica che a inizi anni ottanta trapiantò il glam metal in terra d’Albione, nell'ambito della NWOBHM, e che verrà omaggiata su LAG con la cover della trascinante “Hollywood tease”). Il timbro di Lewis, che per tutta la durata dell’album non si risparmia scorticandosi l’ugola a più non posso con risultati davvero egregi, è particolarmente efficace e graffiante, donando al sound, come si denota già da questi primi brani, un mood ancora più cattivo e ruvido.

Ma un'altra delle frecce migliori all’arco di questo disco è la varietà. A Tracii e soci infatti piace spiazzare l’ascoltatore e già nei brani centrali del disco si trova un po’ di tutto: dalla sgusciante “Electric gypsy” (con un riff portante strepitoso e un assolo centrale da urlo), brano accompagnato da un simpatico video in cui viene riproposto il topos glam dei bikers on the road); ai rimandi agli Hanoi Rocks in “Nothing to lose”, con l’utilizzo appropriato di parti di sax; all’amara dolcezza dell’accoppiata “Cry no more”+”One way ticket”, geniali nell’alleviare la tensione e a rilassare l’ascoltatore prima del gran finale costituito dal pezzo più heavy dell’album, quella “Shoot for thrills” composta dal bassista della band Kelly Nickels e che era stata già edita nel 1985 dai Sweet Pain (band nella quale lo stesso Nickels aveva militato); fino a giungere alla conclusiva “Down in the city”, scanzonato up tempo blues n’ rock, intervallata nel chorus da un roccioso riffone heavy.

Tirando le somme, l’album nei suoi 36 minuti e 36 secondi scorre che è un piacere, in modo rapido ma mai banale, riuscendo a scuotere le viscere in profondità grazie al suo eccezionale dinamismo. Ancora una volta, scusate se mi ripeto ma è inevitabile, l’insegnamento dei New York Dolls è evidente. I germi del punk, presi in prestito in modo robusto dalla lezione impartita dalle Bambole della Grande Mela, vengono iniettati in maniera del tutto violenta nel sound degli L.A. Guns, scardinando e stravolgendo gli altri tipici stilemi glam.

Insomma, chi, dopo tanti anni di Glam Metal, desiderava dal genere un po’ di violenza in più, nel giro di appena sei mesi, con “Appetite For Desctruction” prima e “L.A. Guns” dopo, venne ampiamente accontentato. Col primo, come detto, si inventava lo stile Street/Sleaze. E col secondo si affermava il genere.

Ma le sorprese della nostra Retrospettiva non sono ancora finite. 
L’evoluzione del Glam da genere prettamente hard and heavy, ad Heavy Metal vero e proprio doveva ancora essere compiuto. E il salto al di là del fosso non venne effettuato come magari ci si sarebbe potuto aspettare da dei ragazzi californiani, visto che la California è la patria putativa del Glam; ma invece da una band guidata da un chitarrista nato dalla porta opposta degli States, in New Jersey. 
Un paradosso? Può essere, ma del resto forse è giusto che si finisca, con il nostro decimo e ultimo capitolo, proprio sulla East Coast: là dove con "New York Dolls" nel 1973 tutto era nato...