"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

2 apr 2015

LEZIONI DI SATANISMO CON I DEICIDE - TERZO FASCICOLO IN EDICOLA: IL CRISTO DECAPITATO

Come i Deicide trattano la figura del Cristo?
La trattano male, siamo d'accordo, ma vogliamo entrare più nello specifico.
L'attenzione dedicata al Cristo è direi centrale, mentre invece ad esempio Maria non è quasi mai chiamata in causa. In “Legion” Benton improvvisamente le si rivolge con garbo: “Vergine madre, massacrata, ti avevamo avvisato una volta ma adesso sei morta !” - Ho capito Glen, magari non t'aveva sentito, dalle un'altra possibilità...
Invece con Cristo c'è una vecchia ruggine.

A cura del Dottore

Cristo è innanzitutto un profeta, uno che parla. Ed è questa la natura che principalmente è presa di mira, Cristo come bocca di Dio, come dichiarazione di un sé divino. La crocifissione pertanto non è la pena che i Deicide gli riservano, e che ritengono una esibizione a beneficio del divino che Cristo rappresenta: per i Deicide il profeta merita la decapitazione, così da far cessare la sua parola. Behead the prophet – No lord shall live è la canzone-manifesto di questa visione del Cristo: la decapitazione libera la parte umana di Gesù, mentre quella divina “evapora” sulla croce insieme alla bugia della redenzione e della resurrezione.
Il sacrificio di Cristo per i Deicide “andava fatto” per redimere non gli uomini dal peccato, ma gli uomini dall'idea di Dio. Il Gesù predicatore, forte di parola, è però bollato come un “cieco”, che guida l'umanità verso il dolore in nome di una bugia trascendente. I peccati che tenta di respingere, e che lo consumeranno, finiranno per ucciderlo, e in questo i Deicide risolvono il concetto di “redenzione”: Gesù muore non per togliere i peccati del mondo, ma per riceverli e rimangiarsi la promessa della salvezza divina. La sua parte divina, che rifiuta questa contro-rivelazione, finirà sulla croce incarnando “l'incenerimento della profezia”. Se Cristo quindi è “perso nei peccati”, l'uomo ritrova sé stesse perdendo Cristo, e così via nel giochino dei rovesciamenti, che fa sempre cardine sul concetto della divinità come negazione della verità umana.

Riguardo alla parola, i Deicide codificano in alcune frasi ermetiche l'invito allo smascheramento della bugia cristiana, tramite il rovesciamento dei suoi presupposti. Ad esempio il comandamento “guarda attraverso il cane senza volto”, in cui “dog” è presumibilmente “god” al contrario, significa sostanzialmente che Dio, rovesciato, è trasparente, ovvero non significa niente, e che il suo rovesciamento, ovvero Satana, lascia vedere la realtà del mondo che è “dietro” il paravento della divinità. Allo stesso modo la frase “togli il volto al sacro cane” (entrambe da “Mephistopheles”) può essere decifrata come il togliere il volto, e quindi restituire il mondo alla propria realtà togliendo la maschera fallace che Cristo ha imposto.
Il sacro cane è ovviamente Satana, senza volto e avversario in questo del “volto” di Dio, della sua bocca, della sua parola.
Cristo, per Benton, non è morto “per noi” (“è fin troppo disgustoso, non ci credo” commenta nella title-track il “deicida”), ma è stato “ucciso dai peccati dell'uomo”, travolto da ciò che diceva di poter redimere, fino a trovarsi all'angolo, all'estremo, quando né i suoi miracoli né le sue promesse gli avevano garantito il favore delle masse. Ultima carta: sostenere che era tutto programmato, per il sommo sacrificio a redenzione di tutti i peccati, ma con la frase di chiusura “sospetta” sul padre che lo ha abbandonato.
La parola parrebbe sconfessata, e allora ecco il deus ex machina che ripristina la veridicità di tutto il complesso dell'illusione cristologica, ovvero la resurrezione. Il deus ex machina è proprio il figlio stesso, che ritorna giusto il tempo per farsi proclamare risorto. Non fosse per questo la croce sarebbe la fine, la contro-rivelazione. La crocifissione (crucifixion) è quindi trasformata in una crucifixation (croci-fissazione), per effetto di una sorta di incarnazione di Satana all'uopo, il Lucifero della Crocifissione. Il Lucifero della crocifissione viene a reclamare da Cristo la sua umanità, in limine mortis, e inchioda la morte alla morte, fissa la realtà alla croce, invece di avvallare la bugia della resurrezione (che ironicamente è definita “morte incerta”). Cristo finisce lì

È lì che lo stesso profeta, come specchio chi lo guarda in croce, potrà scegliere se credere alla bugia o aprire gli occhi alla realtà: “ Il Nazareno grida dalla sua crocifissione la sua profezia nella sua ultima contraddizione”. In “Suffer again” un emissario, che potrebbe essere anche il Lucifero della Crocifissione, si avvicina a Cristo per dirgli “I miei chiodi sono nelle tue mani e nei tuoi piedi; la tua parola è espulsa, la luce è morta”. Il profeta quindi “sputa fuori” la parola, e perduta la parola la sua verità si oscura, perché non c'è dietro alcuna realtà. Anzi (come dice un'altra figura) “da dietro la luce Satana emergerà”, ovvero tolta la parola tornerà fuori la realtà.
Guccini cantava “Dio è morto” e citava i misfatti umani (campi di sterminio etc), per poi gioire del fatto che Dio però è risorto, può risorgere sempre, anche dopo una morte apparente, anche dopo i misfatti peggiori (in ciò in cui crediamo Dio è risorto).
Ecco, questa è la tipica sequenza cristiana: senso di colpa per la natura, bisogno di una bugia di resurrezione, per poter scontare la pena ma sperare in una redenzione promessa. Questo ciclo perpetua ogni croce, ogni male che l'uomo continua a compiere, e anzi include anche quelli compiuti in nome di Dio, in nome della resurrezione, del pentimento, del superamento ciclico della colpa e del peccato. Per i Deicide no, Cristo deve morire e le bugie colpevolizzanti inchiodate con lui.
In quest'ottica naturalmente l'apostolo Giuda, che ha venduto Cristo alle autorità, ne esce come uno strenuo difensore dell'umanità, per iniziativa del quale il mondo ha avuto la possibilità di condannare Cristo (rischiando di assolverlo), e di vederlo inerme in croce dimenticato dal padre. L'unico apostolo che ha avuto il coraggio di denunziare la fallacia del falso profeta, e di metterlo di fronte alla prova finale, altro che miracoli fatti in casa...

Nell'ultimo disco Benton si duole che Giuda sia invece stato “tradito e dimenticato”, e ci fa scappare una lacrimuccia. Gli dedichiamo quindi il Giuda di Tognazzi in Amici Miei Atto II, che lapida l'amico Melandri, vestito da Gesù in una processione a rievocazione del Calvario: “Sono Giuda, non mi sono ancora pentito e sono anzi di molto incazzato, e lo piglio a sassate !” “Lapidatelo !” “Sputacchiatelo !” - “Un po' di pietà per codesto poveretto !” “Oh Signora, 'un è mica Gesù...gli è un bischero qualsiasi !”.