"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

8 mar 2015

SCHEGGE DI TALENTO: RETROSPETTIVA SUI KAMELOT - ATTO II


ECCO LA SECONDA E CONCLUSIVA PARTE DEL NOSTRO APPROFONDIMENTO SULLA CARRIERA DEI KAMELOT

Ora diventa necessario procedere album per album, perché la matassa si fa più corposa .

- "The Black Halo" (2005)
Il concept iniziato due anni prima con "Epica" va ultimato e si cerca perciò di non sbagliare il colpo, innanzitutto mettendo maggiormente a fuoco gli ospiti: arrivano a dare una mano Simone Simons (ottima voce femminile degli Epica) e Shagrath (Dimmu Borgir), ma anche Jens Johannson (tastierista di Malmsteen e Stratovarius).
Pur indovinando le mosse, il disco non è un deciso strappo in avanti rispetto alla produzione precedente. Mi spiego meglio: tutto suona al posto giusto perché le canzoni sono bilanciate, c'è il mix interpretativo tra gli scream di Shagrath nei momenti idonei alla storia, ma anche l'eterea voce della Simons ci culla quando serve, c'è Roy Khan che comanda la scena, ma mi aspettavo di più. Mi aspettavo un disco da dieci, invece resta ancorato ad alcune soluzioni canoniche del power che portano al passato, se non avessi la loro discografia intera e dovessi giudicarli solo da questo disco non avrei la percezione reale della loro grandezza.
Sto forse cercando il pelo nell'uovo, perché Khan indovina ogni ritornello che suona come un classico e c'è anche un intermezzo da operetta cabaret che spezza la monotonia, ma non grido a squarciagola al capolavoro come fanno in molti. 
Se dovessi regalare un disco dei Kamelot ad un amico, regalerei "The Black Halo" ma lo inviterei prima a leggere questa retrospettiva.

Il successo arriva comunque... concerti in tutto il mondo, ma non devono più suonare 20 minuti a mezzogiorno nei festival bensì iniziano a scalare i bill delle grandi rassegne musicali.
Dal vivo sono una band rodata da dieci anni e sanno cosa vuol dire essere on stage, guadagnano perciò consensi unanimi. Sembrano proprio loro chiedersi, ma cosa sta succedendo? Facciamo i soliti dischi di 10 anni fa , ma ora ci lodano; suoniamo come sempre, ma la gente ci acclama di più ... Perché?

Secondo me la compattezza di band, le indubbie qualità e la ricerca di un mix più gothic delle sonorità power ha fato breccia nei fans metal delusi da più parti. I Kamelot sono rimasti (in compagnia di Tobias Sammet, Oliva e pochi altri) un simbolo della musica power sinfonica di qualità, perciò arriva il momento di uscire ancora per battere il ferro finché è caldo.

- "Ghost Opera" (2007)
A questo punto mi sarei aspettato il doppio cd con ospiti di ogni genere come Ayreon, ma i Kamelot sono gente di classe e la formula ormai non se la fanno sfuggire. Disco relativamente breve, ma un altro passo in avanti impercettibile dal precedente.
C'è sempre la presenza di duetti femminili con Khan, ma si affondano maggiormente le radici nel gothic. Perciò le canoniche sonorità power si affievoliscono, lasciando spazio a Khan che domina la scena senza urlare. Affina qui le sue potenzialità e ammicca con un tono profondo all'ascoltatore, non insegue falsetti ma rallenta e accelera quando vuole.
Cosa manca a questo disco per essere il capolavoro assoluto?
Non manca niente, ma ha una riservatezza propria delle opere minori, non trasmette quel boato di apprezzamento che mi fa consigliare a tutti questo disco. Consolida e migliora di un granello la mia opinione su di loro, ma sostanzialmente si assesta sullo stesso ottimo livello di "The Black Halo".

I Kamelot sono come quei corridori delle maratone che lasciano scappare i keniani al primo posto, tutti parlano della lepre davanti che frantuma i primati, ma sanno in cuor loro che il loro fisico ha più energia e verrà fuori alla distanza.

- "Poetry For The Poisoned" (2010) leggi la recensione del disco
I Kamelot hanno capito e messo ancora di più a fuoco il talento, ci siamo, nessuna rivoluzione, però si privilegiano le sonorità più oscure e Khan qui diventa il miglior cantante della scena.
Da solo inventa ritornelli, emoziona e mette i brividi con poche parole e il gruppo dipende totalmente dalle sue qualità.  Il disco è ben accolto dalla critica, ma non quanto "The Black Halo" o "Ghost Opera". Ormai i Kamelot sono una istituzione in questo panorama, però qualcuno sembra sussurrare nelle ultime file dei banchi di scuola del metal: "mmm te l'avevo detto che non erano niente di particolare".
Io vado controcorrente e, insieme a "Iconoclast" dei Symphony X, questo album rappresenta ciò che dovrebbe essere il metal sinfonico al giorno di oggi!
C'è una canzone che racchiude tutto ed è "Hunter's Season", capolavoro semplice e diretto; ospiti collaudati stavolta come la bella Simons e Jon Oliva sono solo comparse nell'altare di sua maestà Khan che porta tutti a scuola. Il disco a vederlo superficialmente suona come un passo interlocutorio, ma per me è una gemma che risveglia echi di Queensryche e piace assai.

Arriviamo alla fine, già anticipata nel trailer : Khan lascia la band .

Se chiudo gli occhi, vedo quasi il chitarrista Thomas Youngblood piangere seduto sul cesso.
"Cazzo proprio ora che iniziavamo ad ingranare, ci abbiamo messo quindici anni, gli abbiamo lasciato carta bianca, abbiamo firmato per una etichetta buona dopo anni di scantinati , cazzo proprio ora Roy no !!!"
Rientrando in sé il buon Thomas, si asciuga le lacrime e non si rassegna : "Senti Roy facciamo così, noi finiamo il tour con Lione però tu ci pensi eh... ti rilassi eh ... fai quello che vuoi eh ... e dopo eh solo dopo eh ritorni con noi... Vero eh , perché tu ritorni con noi ?!??!" .

Occhi lucidi per Thomas durante i concerti con Fabio Lione che, mestierante dalle mille sigarette, salva il nome dei Kamelot modificando la scaletta con canzoni a lui più idonee e la gente comunque gli chiede: "Perché non c'è Khan?".

Thomas temporeggia, racconta bugie e va in Norvegia da Khan, gli offre percentuali più alte, immagino gli darà carta bianca per album solisti, ma il cantante sembra stanco e lascia .
Youngblood piange, dorme abbracciato alla foto incorniciata di Khan fino a che un giorno nel cuore della notte si stufa : "Basta 'affanculo Roy !!! Te lo trovo io un sostituto!" .

Accende il computer, apre Internet, Wikipedia, gruppi di discussione metal , blog, scopre i Seventh Wonder e se ne innamora. Gruppo onesto di prog in stile Dream Theater che pubblica un ottimo disco come "Mercy Falls" e la voce ha qualità e tono in stile vagamente Pain Of Salvation .
Thomas chiama Tommy Karevik (cantante svedese dei Seventh Wonder), metterà così uno svedese al posto del norvegese : l'idea gli piace .

- "Silverthorn" (2012)
Dovrebbe in realtà intitolarsi : quanto ci manca Khan, ma facciamo finta di niente .
Attenzione però il disco non è male, troppo canonico, cioè troppo come vorremmo che fosse ma la voce si sposa bene. Niente da dire, i Kamelot hanno indovinato il sostituto però che nostalgia !
Ogni soluzione vocale richiama al confronto con Khan, perché il timbro simile ma non uguale porta alla mente il vecchio Roy che è invece a casa in ciabatte.
Si buttano in un tour infinito per giustificarsi e presentare il nuovo cantante, ma la gente apprezza più Karevik dal vivo che su disco.

I Kamelot ripartiranno così pian piano con stile e qualità, la politica dei piccoli passi li ha sempre portati lontani .
Thomas lo sapeva, lo ha sempre saputo : chi va piano va sano e va lontano .

Se vuoi rileggere meglio la prima parte della Retrospettiva sui Kamelot, clicca direttamente QUI

Pagellone degli album citati:
- The Black Halo: 8
- Ghost Opera: 8
- Poetry For The Poisoned: 8+
- Silverthorn: 7+