"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

17 mar 2015

RECENSIONE: NEVERMORE "THIS GODLESS ENDEAVOR"


Passano pochi secondi, inizia "Born" comincia l'assalto ed è subito colpo di fulmine!
I Nevermore sono tornati grandi, dopo il mezzo passo falso rappresentato da "Enemies Of Reality".

Una cosa che non sopporto sono le persone scontate, datemi una chiave di lettura, un punto di vista, dimostrate di essere vivi nel senso più ampio del termine. 
Per questo amo i Nevermore, perché ti guardano in faccia e si incazzano, ti scrollano e commuovono con passione vera. L'eleganza e il ricamo lo lasciano ad altri, nei testi e nella musica di "This Godless Endeavor" ci sono sporcizia e sentenze che ci sono familiari perché sono la rabbia e la dolcezza che sono dentro di noi. 

Non giriamoci intorno e non riempiamo di superficialità la recensione: qui c'è soprattutto la forza creativa di Jeff Loomis che è il vero protagonista del disco come sottolinea nel booket indicandosi lead, acoustic and rhythm guitar! Proprio adesso che i Nevermore decidono di affiancargli Steve Smyth (Forbidden, Testament, Dragonlord, Vicious Rumors) come chitarrista in pianta stabile, Jeff fornisce la sua prova più impattante e brutale.  Sembra un pitbull da combattimento con riff e soli in serie, come se la concorrenza lo esaltasse e il disco diventa un concentrato di forza. 

Le prime tre canzoni sono una cartina di tornasole dei Nevermore nel 2005 e regalano quasi 15 minuti iniziali da urlo, ma le orecchie non ringraziano per la potenza sonora. Evitate di tornare a casa da lavoro, sdraiarvi sul divano e aprire il libretto dei testi per ascoltare questo disco; vi ritroverete a fare un furioso headbanging da soli, fino a scoprire un principio di cervicale. 

Il primo approccio poetico in pieno stile Nevermore inizia da "Sentient 6" ed ecco il Warrel Dane che più adoriamo: marcio e romantico, virile e fragile al contempo. Grandi momenti per noi ragazzi del terzo millennio, noi che cresciamo in una società bacata ma sappiamo ancora amarci in modo genuino, noi che ci sentiamo soli in mezzo alle folle e noi che camminiamo in strade sporche tra gente falsa, questa canzone è per noi!
Ancora scossi da queste emozioni, il disco scende leggermente di livello per poi ritrovarsi in "Sell My Heart For Stones" una semiballad che riallaccia i fili emozionali del nostro cuore. Fino alla coppia di canzoni conclusive che ci restituiscono un grande gruppo, forse con qualche influenza di troppo degli Iced Earth, ma sempre su standard elevati.

Devo fare una nota di merito al batterista Van Williams, so di scoprire l'acqua calda per molti, ma qui si supera secondo me. Potenza, precisione ma anche creatività che non pensavo avesse e fateci caso sembra tarantolato dietro a Loomis.

Dalla polvere della brutale società contemporanea emerge questo disco che la sa raccontare, emerge un gruppo forte delle sue certezze che ha voluto affermarsi con orgoglio e decisione dopo il precedente lavoro.  A noi piacciono così: genuini e brutali, romantici e spietati. 

Voto: 7/8 

Canzone top: "This Godless Endeavor"
Momento top: i primi trenta secondi di inizio del disco
Canzone flop: "The Psalm Of Lydia"
Anno: 2005
Dati: 11 canzoni, 57 minuti
Etichetta : Century Media